Diario
Covid di Alberto Schianchi
10
Marzo. Le notizie che vengono dalla vicina Lodi, da Bergamo e Milano portano
alla memoria il Manzoni e come allora lo Stato si fece trovare impreparato; però non lo sapevi come oggi perché non c’erano i social. Ora lo capisci da
come, anche sulla pelle della gente, da sinistra a destra, si attribuiscano
quarti di incapacità e ignoranza. Non uso l’aggettivo responsabilità perché di
responsabile c’è ben poco. Spiego ai miei figli che andava chiusa la Nazione e
andava tracciato chi entrava. Chi diceva “ Abbraccia un cinese “ andrebbe
processato: magari da un tribunale cinese.
Eravamo preparati a combattere con
l’intelligenza e non contro la stupidità: una guerra contro la stupidità è
disarmante ci trova comunque impreparati.
I
presìdi mancano, per fortuna la nostra chirurgia ( sono Medico veterinario ) ci
consente di far fronte a mascherine come a guanti in lattice. Agli amici che
vengono in clinica, per le conoscenze che abbiamo di Coronavirus come
veterinari, raccomandiamo attenzione: tanta attenzione. Uscire per
l’indispensabile.
11
Marzo. Continua la guerra contro la stupidità a cui si aggiungono pure gli “
scienziati “ a combinare guai. Sono tutti figli di politici, messi da politici
ad occupare posti di rilievo a garantire la rielezione di politici.
Ai
miei figli faccio una piccola lezione di come funzionano virus e
trasmissibilità.
Ho
avuto la fortuna di frequentare le lezioni del Prof Gianelli che in un’ora
disegno’ alla perfezione una bicicletta con la ruota sgonfia più altre sequenze
fino all’esplosione della camera d’aria. Le uniche parole che disse furono,
nemmeno girandosi verso di noi:- Così fanno i virus!
All’esame
mi chiese, e non seppi mai la risposta, se si sputasse più a dire farfallone o
zuzzerellone. Immagino in ugual misura perché quando si tolse la dentiera che
adagiò sulla cattedra e chiese a me al mio coorte d’esame Michele quanti
batteri contenesse, dopo due nostre risposte ci diede la soluzione: “molti” -
disse.
A
mio figlio, che per arrotondare consegna pizze ho raccomandato cautela e di
stare lontano dalla porta alla consegna perché il vortice d’aria potrebbe trasportare
il virus.
12
Marzo Esco a lavorare, prima nelle stalle poi in clinica. In giro c’è ancora
troppa gente e in televisione si alternano, a persone capaci, tanti
incompetenti. Chiamo un amico medico e gli chiedo se avessero fatto nel corso
di studi un esame sulle malattie infettive, Risposta è no, è una parte di clinica
medica. Capisco e comprendo come dal Ministero non ci sia una regia con chi
magari, una epidemia l’avrebbe pure dovuta prevedere. Mi ricordai quando andai
a fare visita al carcere di Roma, per la mia attività di amministratore della
Cassa. Mi portarono a vedere un magazzino enorme con Kit per attacchi nucleari
e biologici. Mi dissero: “ Sono qui scaduti da anni e nessuno sa dove siano.
Collego le due cose e mi preparo al peggio.
Il
pomeriggio in clinica ho i primi segnali, comuni a tante altre malattie. Mi
sento stanco e vado a casa. Mi provo la temperatura, ho ancora un termometro
antico che non riesco a sbattere per abbassare la colonna di mercurio. Per
precauzione vado subito in camera mia e mi isolo da tutti.
La
camera raggiunge i 25 gradi per effetto di una stufetta elettrica aggiuntiva al
riscaldamento ma io continuo a tremare dal freddo. Trascorro ore con i piedi in
mano per provare a riscaldarli invano. Ho incubi, sogno cose strane cui solo
qualcuno, per pudore, metto al corrente. Ridono come matti.
13
Marzo. Mi accorgo di aver contratto il virus perché sto veramente male, febbre
che non si abbassa, difficoltà a respirare e a rimanere concentrato. Mi faccio
portare dalla Clinica un pulsossimetro e la saturazione è a 95 con alcuni
picchi a 92. Bassa.
Chiamo
l’amico medico che mi consiglia subito cosa fare. Mancano i farmaci.
Chiedo
ad amici: forse in meridione si trovano perché ancora non ci sono casi. Carlo
Gazza, un collega con cui rimango in contatto tutto il periodo mi manda una
scatola di Plaquenil e addirittura Cesare Lerco da Verona due scatole. Non mi
faranno nulla, perché non servono, ma mi tranquillizzano. Addirittura quando le
smetto inizio a stare meglio.
Cinque
volte al giorno, ma forse sono anche di più, mi sento con Igino, l’amico di
sempre; un bravissimo cardiochirurgo che qualche mattina mi fa parlare con un
rianimatore.
14
Marzo Peggioro, peggioro tanto. Ho l’Ossigeno che centellino per capire quanta
saturazione ho. Ho incubi e risvegli in ipossia. Non respiro e mi attacco alla
bombola, il tempo di abbassare la temperatura con Tachipirina per stare un
pochino meglio.
Ho
un attacco, non respiro. Riesco a prendere l’Ossigeno con uno scatto d’orgoglio
e ripiombare da seduto sul letto. Stare seduti è uno sforzo immane che prevede
preparazione. Mi accascio e mi autoconvinco che se mi agito muoio. Allungo le
braccia oltre la testa per poter utilizzare i poli apicali del polmone ed
aumentare così la superficie di scambio. Funziona. Ho visto la morte. Appena
riesco a saturare nuovamente trovo la concentrazione per informare i miei sul
da farsi, nell’ipotesi non riuscissi a guarire.
Ostento
tranquillità ma non sono credibile nel dare codici e ricordare di andare dal
commercialista, come in altri uffici. Parlo a fatica, tanta fatica e preferisco
scrivere messaggi: almeno non trasmettono emozioni.
Mi
rassegno all’ipotesi di non rivederli più e la sera questo pensiero mi
accompagna e si presenta ad ogni risveglio.
Dipendo
dalla bombola di Ossigeno.
15
Marzo Continuo a stare male, non mangio da giorni perché devo scegliere tra
respirare e deglutire. Cerco di respirare e mi concedo sforzandomi una spremuta
di arancia. Respiro con la bocca e quando diventa difficile mi attacco alla
bombola. Sono solo in camera e per poter andare al bagno ho bisogno di una
lunga preparazione. Sedermi è uno sforzo che comporta compensazione. Alzarmi
anche, così come muovere i passi verso il bagno in camera. Il ritorno è di
getto, il più veloce possibile verso il letto. Occorre un’ora di sforzi
respiratori per riprendere la mia anormalità respiratoria. Non posso cedere e
chiedere aiuto a nessuno.
Nel
sonno mi prende questo nuovo blocco respiratorio. Riesco a sedermi sul letto a
mettermi l’Ossigeno e a mettere l’erogatore al massimo. So che non riuscirò a
sopravvivere perché se prima un filo d’aria lo respiravo, ora sono quasi
completamente bloccato. Per fortuna mi fisso il respiratore bene ma perdo i
sensi, sento il mio corpo che si ribella, con tre scossoni violenti tanto da
sentire le vertebre del collo schioccare. Perdo i sensi e svengo. Mi risveglio
che è ancora notte, perché ho le persiane costantemente aperte in attesa che
qualcuno passi per un saluto. Ho la bocca, la lingua e le narici completamente
secche. Impiego ore a reidratare le fauci. Ho la pessima idea di mettermi in
bocca una mentina.
Per
la perdita di peso, continuo a non mangiare, per i farmaci, per un probabile
reflusso iatrale avverto come se una corda iniziasse dalla bocca e finisse allo
stomaco. Continuo a deglutire ma non passa. Mi rassegno, alla fine questo è il
disturbo minore. Mi convinco che solo con le mie forze posso saltarci fuori.
Dall’
Ospedale escono solo morti.
Chi
ha firmato il decreto per non fare autopsie e anche chi ha accettato di
eseguire quell’ordine dal Ministero andrebbe passato per le armi per primo. La
propaganda comincia a pronunciarsi e si iniziano a trovare gli eroi perché i
responsabili in questo paese non esistono.
.
16
Marzo. Continuo ad avere febbre ma tra i picchi febbrili c’è più spazio che
trascorro in chat con amici ammalati pure loro.
Il
medico mi consiglia una TAC ma dovrei andare io in Ospedale. E come ? Non
riesco a guidare, a dire il vero nemmeno ad avvicinarmi alla macchina. L’unico
mezzo che mi può portare è l’ambulanza ma l’Ospedale convenzionato per TAC di
emergenza non mi riceve. Dovrei andare da coatto, mi suggeriscono di farmi
accompagnare da mia moglie. Uso quel poco di fiato per bestemmiare e offendere
chi può arrivare a consigliarmi ciò come pure … un taxi.
Parlo
con chi mi ha raccomandato e mi dicono che se vado con un’ambulanza non mi
ricevono. A quel punto tra il rischio di infettare i miei, un taxista
preferisco morire senza avere sulla coscienza alcuno.
Riporto
alla mente tutte le mie maledizioni al Sistema Sanitario Nazionale che da
decenni vomito ad ogni discussione ma non serve a rassegnarmi. Figuriamoci se,
una situazione dove chi è pagato con i soldi delle tasse, in una struttura
costruita con i soldi delle tasse utilizzando macchinari acquistati con i soldi
delle tasse per poterti visitare subito chiede altri soldi per visitarti nella struttura
e con i macchinari già pagati con le tasse. Diversamente? Devi aspettare, con
il tuo male, che ci sia posto.
A
chi mi dice che Obama è venuto da noi ad imparare la Sanità pubblica rispondo
che era meglio stesse nell’orto con moglie.
17
Marzo I sintomi non mollano in un raro momento di saturazione mi guardo allo
specchio in bagno e conto i lividi delle iniezioni che mi sono fatto. Sorrido,
non ho più la tartaruga, nemmeno nella versione girata.
18
Marzo Sono spossato nel morale e nel fisico. Piango. Mi manca l’odore, per me
profumo, delle stalle. Ho paura che se riuscirò a sopravvivere non sarà più
facendo il mio mestiere. Cerco di distrarmi da questi incubi scrivendo su
diverse chat. Le giornate passano lente e seguo a tratti un blogger che scrive
da Tokio, La le cose vanno molto meglio, forse che siano educati? Forse che il
rispetto verso gli altri lo si impari da piccoli?
19
Marzo E’ primavera anche sul calendario. Sento che la mia famiglia, cui ho
imposto la quarantena, continuano a stare bene. Consiglio loro di passeggiare
nei nostri campi e di non uscire per evitare sanzioni. In verità appoggiato
alla finestra li vedo sorridere e camminare nel recinto lasciato libero da anni
dal Malpasso, il nostro cavallo.
20
Marzo Continuo ad avere sintomi anche se sono sfebbrato. Comincio a eliminare
una compressa, un risultato.
Conto
i minuti per sapere se tutto procede e finalmente vedo mia figlia con l’alloro
in testa dalla finestra per comunicarmi che si era laureata. Trattengo le
lacrime perché appena rientra in casa le sento esplodere. Quel poco di aria che
riuscivo a inglobare viene espulsa con un urlo soffocato pure lui dal cuscino.
Era
un obiettivo che mi ero dato e che avevo raggiunto. Vivere fino ad oggi.
Quando
mi viene da sbadigliare emetto un gemito senza scambio di aria con l’esterno.
Sembra il soffio di un gatto.
Per
il primo sbadiglio completo, quelli che ti rilassano, dovrò aspettare un paio
di mesi.
21
Marzo I sintomi sono finiti anche se non respiro ancora. Mi sforzo con esercizi
respiratori e la saturazione è più costante sebbene qualche ricorso
all’Ossigeno.
Inizio
ad avere desiderio di passare dalla spremuta a qualche cosa di più consistente.
Gino, che mi ha chiamato prima e dopo ogni intervento chirurgico, prima e dopo
essersi alzato da letto e ad ogni pasto mi sprona a sforzarmi.
Esprimo
i miei desideri e comincio con una cosa che non avrei dovuto mangiare: un pezzo
di torta salata ligure. Mi pento subito dopo ma mi convinco che se anche fosse
stata una minestrina con le stelline o una purea di patate sarebbe stata la
stessa cosa. Baro con me stesso, ma chi mi frega più?
22
Marzo Riprendo dal tablet un libro che ho iniziato a scrivere che inizia
raccontando del felice periodo in cui sono nato. Rileggo alcuni passi e mi
accorgo che oggi scriverei diversamente tutto ciò. Vedere la morte aiuta a
comprendere meglio la vita. Non lo auguro a nessuno, se non a pochi, ma mi
sento rinascere, comprendo che non sarò più la stessa persona, anche nel
fisico. Insisto per l’ultima volta per avere cortisone ma mi sono stancato di
insistere. Mi rassegno al mio ruolo di paziente dimenticato da tutti, visto che
a me il tampone non spetta. Lo ha fatto quello che abbracciava un cinese, che
poi si è beccato il Covid 19 guarendo subito, un paio di calciatori ma io no.
Perché? Semplice, non ho fatto il Triage. Ecco ritornare il mio male oscuro,
quello che tutto divora e imbratta: la BUROCRAZIA. C’ag gnis sentmila cancher (
Cit )
23
Marzo Capiscono in casa del mio miglioramento perché sentono che m’incazzo.
Pazienza
la TAC, nemmeno un tampone? Insisto con il medico fino a convincerla ad inviare
una PEC. Voglio sapere, sono diversi giorni che sono sfebbrato e non ho più i
sintomi e tra poco vorrei almeno uscire al sole per qualche ora. Non pronuncio
la frase tipica degli arroganti “ Lei non sa chi cono io “ perché non sono
nessuno ma mi limito a far capire che non sono un ciarlatano come quelli in TV
ma un medico, anche se veterinario e non vorrei infettare nessuno, visto che ho
esigenza di tornare al lavoro. Mai come oggi capisco che di virus ne sappiamo
più di tanti pseudo scienziati televisivi sempre più da operetta.
24/25/26
Marzo Lo trascorro ancora in camera senza uscire. Sono in prossimità di fine
quarantena e mi ostino ad avere il tampone. Al medico che insiste nel dire che
faccio senza perché sto finendo la quarantena mi oppongo con decisione ma non
ottengo nulla. Non dipenda da lei. In Italia non dipende mai da nessuno ma
tutto dipende da un altro che, stipendiato, non esiste.
27/28/29
Marzo. Continuo la quarantena. Riesco a fare qualche passo per la camera e
l’uso della toilette non è più un incubo. Mangio qualche cosa su richiesta ma
mi pento subito perché il peso sullo stomaco mi accompagna tra un pasto e
l’altro. Respiro ancora male e ho difficoltà a deglutire, figuriamoci a
sbadigliare. Emetto un suono stridente a cui non riesco ad abituarmi e impreco.
30/31
Sono trascorse quasi tre settimane, sono stanco di rimanere in camera al
sorgere e al calare il sole in solitudine. Ho quotidianamente una catena
infinita di messaggi a cui rispondere. In un altro momento avrei fatto dei
copia-incolla e invece rispondo ad ognuno personalmente. Sento molto affetto da
parte di tutti.
Un
gruppo di ex fidanzate partecipa ad una chat. Brutta idea perché cominciano a
parlare tra loro per prendermi in giro fino a quando si accorgono di qualche
periodo concomitante. Sento meno affetto dai loro messaggi. Dovessi morire non
credo verrebbero tutte al funerale. Le donne sono così: non si piegano nemmeno
davanti alla morte.
1/2/3/4
Aprile Nei momenti in cui sono solo e garantendo un buon distanziamento inizio
a girare per casa. Sono oltre la quarantena e la fase di replicazione virale è
terminata se solo avessi la possibilità di un tampone mi muoverei più a mio
agio. I virus che mi hanno contagiato e si sono replicati su di me non hanno
fatto danni ad alcuno, sono stati fermati e pure i miei familiari ne sono
indenni. Esco a fare una camminata nelle ore più calde ma è una scalata.
Rientro soddisfatto ma esausto, vedo la mia famiglia che a tavola mangia, io
mangio ancora solo. Mi attrezzo di una visiera e per fortuna la scorta di
mascherine della clinica è ancora abbondante. Sul territorio nazionale sono
introvabili mentre i coglioni che dicono che non servono abbondano.
1/Aprile
Finalmente festeggio la laurea di mia figlia, siamo fuori sotto al portico,
siamo ancora a distanza ma mangiamo insieme. L’autonomia è buona anche se
raccogliere una cosa da terrà è uno sforzo tremendo che devo compensare stando
seduto diversi minuti. Domani inizio a lavorare qualche ora e se da una parte
sono sollevato dall’altro mi preoccupo.
Non nascondo la mia malattia, come alcuni hanno fatto e presto fa il giro dei conoscenti. Mi chiamano tanti, anche persone con cui avevo interrotto i rapporti e questo mi gratifica.
10
Aprile. Cedo al Sistema, chiedo una raccomandazione e ho il tampone. Ho
difficoltà ma la minaccia di portare qualcuno sul giornale convince. Mi dicono
due giorni per la risposta. Dopo 24 ore chiedo ma nulla. Colui che mi ha
raccomandato mi da un indirizzo mail dedicato. Scrivo ma nulla. Dopo due giorni
rispondono alla prima mail, la seconda
era piena d’insulti. Mi chiedono i documenti per essere sicuri che i risultati vengano
dati a me ma arriveranno solo dopo altri due giorni. Sono sei giorni dal tampone.
Infine
il Medico curante riesce anche a procurarmi una TAC e ho nella Dottoressa
Alfieri un bravo medico che finalmente mi dà il cortisone. Trattiamo sul
dosaggio che sposto con argomenti convincenti da 100 a 30 mg. Basteranno.
Dopo
due giorni sono un altro, respiro a pieni polmoni, riesco a camminare e pure a
correre. Faccio una corsa andando al massimo con il rischio di cadere e sono
felice ma allo stesso tempo quando vedo qualcuno che sta male o che è
ricoverato provo profonda compassione e gli occhi si riempiono ancora.
La
seconda TAC dice che sono guarito.
Vado in vacanza e al primo tuffo in acqua,
nel tempo di risalire e respirare mi dico cose che terrò per me.