mercoledì 25 novembre 2020

Diario Covid. " Eravamo preparati a combattere con l’intelligenza e non contro la stupidità: una guerra contro la stupidità è disarmante ci trova comunque impreparati. "

 

Diario Covid di Alberto Schianchi

 

 



 

 

10 Marzo. Le notizie che vengono dalla vicina Lodi, da Bergamo e Milano portano alla memoria il Manzoni e come allora lo Stato si fece trovare impreparato; però non lo sapevi come oggi perché non c’erano i social. Ora lo capisci da come, anche sulla pelle della gente, da sinistra a destra, si attribuiscano quarti di incapacità e ignoranza. Non uso l’aggettivo responsabilità perché di responsabile c’è ben poco. Spiego ai miei figli che andava chiusa la Nazione e andava tracciato chi entrava. Chi diceva “ Abbraccia un cinese “ andrebbe processato: magari da un tribunale cinese.  

Eravamo preparati a combattere con l’intelligenza e non contro la stupidità: una guerra contro la stupidità è disarmante ci trova comunque impreparati.

I presìdi mancano, per fortuna la nostra chirurgia ( sono Medico veterinario ) ci consente di far fronte a mascherine come a guanti in lattice. Agli amici che vengono in clinica, per le conoscenze che abbiamo di Coronavirus come veterinari, raccomandiamo attenzione: tanta attenzione. Uscire per l’indispensabile.

 

11 Marzo. Continua la guerra contro la stupidità a cui si aggiungono pure gli “ scienziati “ a combinare guai. Sono tutti figli di politici, messi da politici ad occupare posti di rilievo  a garantire la rielezione di politici.

Ai miei figli faccio una piccola lezione di come funzionano virus e trasmissibilità.

Ho avuto la fortuna di frequentare le lezioni del Prof Gianelli che in un’ora disegno’ alla perfezione una bicicletta con la ruota sgonfia più altre sequenze fino all’esplosione della camera d’aria. Le uniche parole che disse furono, nemmeno girandosi verso di noi:- Così fanno i virus!

All’esame mi chiese, e non seppi mai la risposta, se si sputasse più a dire farfallone o zuzzerellone. Immagino in ugual misura perché quando si tolse la dentiera che adagiò sulla cattedra e chiese a me al mio coorte d’esame Michele quanti batteri contenesse, dopo due nostre risposte ci diede la soluzione: “molti” - disse.

A mio figlio, che per arrotondare consegna pizze ho raccomandato cautela e di stare lontano dalla porta alla consegna perché il vortice d’aria potrebbe trasportare il virus.

 

12 Marzo Esco a lavorare, prima nelle stalle poi in clinica. In giro c’è ancora troppa gente e in televisione si alternano, a persone capaci, tanti incompetenti. Chiamo un amico medico e gli chiedo se avessero fatto nel corso di studi un esame sulle malattie infettive, Risposta è no, è una parte di clinica medica. Capisco e comprendo come dal Ministero non ci sia una regia con chi magari, una epidemia l’avrebbe pure dovuta prevedere. Mi ricordai quando andai a fare visita al carcere di Roma, per la mia attività di amministratore della Cassa. Mi portarono a vedere un magazzino enorme con Kit per attacchi nucleari e biologici. Mi dissero: “ Sono qui scaduti da anni e nessuno sa dove siano. Collego le due cose e mi preparo al peggio.

Il pomeriggio in clinica ho i primi segnali, comuni a tante altre malattie. Mi sento stanco e vado a casa. Mi provo la temperatura, ho ancora un termometro antico che non riesco a sbattere per abbassare la colonna di mercurio. Per precauzione vado subito in camera mia e mi isolo da tutti.

La camera raggiunge i 25 gradi per effetto di una stufetta elettrica aggiuntiva al riscaldamento ma io continuo a tremare dal freddo. Trascorro ore con i piedi in mano per provare a riscaldarli invano. Ho incubi, sogno cose strane cui solo qualcuno, per pudore, metto al corrente. Ridono come matti.

 

13 Marzo. Mi accorgo di aver contratto il virus perché sto veramente male, febbre che non si abbassa, difficoltà a respirare e a rimanere concentrato. Mi faccio portare dalla Clinica un pulsossimetro e la saturazione è a 95 con alcuni picchi a 92. Bassa.

Chiamo l’amico medico che mi consiglia subito cosa fare. Mancano i farmaci.

Chiedo ad amici: forse in meridione si trovano perché ancora non ci sono casi. Carlo Gazza, un collega con cui rimango in contatto tutto il periodo mi manda una scatola di Plaquenil e addirittura Cesare Lerco da Verona due scatole. Non mi faranno nulla, perché non servono, ma mi tranquillizzano. Addirittura quando le smetto inizio a stare meglio.

Cinque volte al giorno, ma forse sono anche di più, mi sento con Igino, l’amico di sempre; un bravissimo cardiochirurgo che qualche mattina mi fa parlare con un rianimatore.

 

14 Marzo Peggioro, peggioro tanto. Ho l’Ossigeno che centellino per capire quanta saturazione ho. Ho incubi e risvegli in ipossia. Non respiro e mi attacco alla bombola, il tempo di abbassare la temperatura con Tachipirina per stare un pochino meglio.

Ho un attacco, non respiro. Riesco a prendere l’Ossigeno con uno scatto d’orgoglio e ripiombare da seduto sul letto. Stare seduti è uno sforzo immane che prevede preparazione. Mi accascio e mi autoconvinco che se mi agito muoio. Allungo le braccia oltre la testa per poter utilizzare i poli apicali del polmone ed aumentare così la superficie di scambio. Funziona. Ho visto la morte. Appena riesco a saturare nuovamente trovo la concentrazione per informare i miei sul da farsi, nell’ipotesi non riuscissi a guarire.

Ostento tranquillità ma non sono credibile nel dare codici e ricordare di andare dal commercialista, come in altri uffici. Parlo a fatica, tanta fatica e preferisco scrivere messaggi: almeno non trasmettono emozioni.

Mi rassegno all’ipotesi di non rivederli più e la sera questo pensiero mi accompagna e si presenta ad ogni risveglio.

Dipendo dalla bombola di Ossigeno.

 

15 Marzo Continuo a stare male, non mangio da giorni perché devo scegliere tra respirare e deglutire. Cerco di respirare e mi concedo sforzandomi una spremuta di arancia. Respiro con la bocca e quando diventa difficile mi attacco alla bombola. Sono solo in camera e per poter andare al bagno ho bisogno di una lunga preparazione. Sedermi è uno sforzo che comporta compensazione. Alzarmi anche, così come muovere i passi verso il bagno in camera. Il ritorno è di getto, il più veloce possibile verso il letto. Occorre un’ora di sforzi respiratori per riprendere la mia anormalità respiratoria. Non posso cedere e chiedere aiuto a nessuno.

Nel sonno mi prende questo nuovo blocco respiratorio. Riesco a sedermi sul letto a mettermi l’Ossigeno e a mettere l’erogatore al massimo. So che non riuscirò a sopravvivere perché se prima un filo d’aria lo respiravo, ora sono quasi completamente bloccato. Per fortuna mi fisso il respiratore bene ma perdo i sensi, sento il mio corpo che si ribella, con tre scossoni violenti tanto da sentire le vertebre del collo schioccare. Perdo i sensi e svengo. Mi risveglio che è ancora notte, perché ho le persiane costantemente aperte in attesa che qualcuno passi per un saluto. Ho la bocca, la lingua e le narici completamente secche. Impiego ore a reidratare le fauci. Ho la pessima idea di mettermi in bocca una mentina.

Per la perdita di peso, continuo a non mangiare, per i farmaci, per un probabile reflusso iatrale avverto come se una corda iniziasse dalla bocca e finisse allo stomaco. Continuo a deglutire ma non passa. Mi rassegno, alla fine questo è il disturbo minore. Mi convinco che solo con le mie forze posso saltarci fuori.

Dall’ Ospedale escono solo morti.

Chi ha firmato il decreto per non fare autopsie e anche chi ha accettato di eseguire quell’ordine dal Ministero andrebbe passato per le armi per primo. La propaganda comincia a pronunciarsi e si iniziano a trovare gli eroi perché i responsabili in questo paese non esistono.

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16 Marzo. Continuo ad avere febbre ma tra i picchi febbrili c’è più spazio che trascorro in chat con amici ammalati pure loro.

Il medico mi consiglia una TAC ma dovrei andare io in Ospedale. E come ? Non riesco a guidare, a dire il vero nemmeno ad avvicinarmi alla macchina. L’unico mezzo che mi può portare è l’ambulanza ma l’Ospedale convenzionato per TAC di emergenza non mi riceve. Dovrei andare da coatto, mi suggeriscono di farmi accompagnare da mia moglie. Uso quel poco di fiato per bestemmiare e offendere chi può arrivare a consigliarmi ciò come pure … un taxi.

Parlo con chi mi ha raccomandato e mi dicono che se vado con un’ambulanza non mi ricevono. A quel punto tra il rischio di infettare i miei, un taxista preferisco morire senza avere sulla coscienza alcuno.

Riporto alla mente tutte le mie maledizioni al Sistema Sanitario Nazionale che da decenni vomito ad ogni discussione ma non serve a rassegnarmi. Figuriamoci se, una situazione dove chi è pagato con i soldi delle tasse, in una struttura costruita con i soldi delle tasse utilizzando macchinari acquistati con i soldi delle tasse per poterti visitare subito chiede altri soldi per visitarti nella struttura e con i macchinari già pagati con le tasse. Diversamente? Devi aspettare, con il tuo male, che ci sia posto.

A chi mi dice che Obama è venuto da noi ad imparare la Sanità pubblica rispondo che era meglio stesse nell’orto con moglie.

 

17 Marzo I sintomi non mollano in un raro momento di saturazione mi guardo allo specchio in bagno e conto i lividi delle iniezioni che mi sono fatto. Sorrido, non ho più la tartaruga, nemmeno nella versione girata.

 

18 Marzo Sono spossato nel morale e nel fisico. Piango. Mi manca l’odore, per me profumo, delle stalle. Ho paura che se riuscirò a sopravvivere non sarà più facendo il mio mestiere. Cerco di distrarmi da questi incubi scrivendo su diverse chat. Le giornate passano lente e seguo a tratti un blogger che scrive da Tokio, La le cose vanno molto meglio, forse che siano educati? Forse che il rispetto verso gli altri lo si impari da piccoli?

 

19 Marzo E’ primavera anche sul calendario. Sento che la mia famiglia, cui ho imposto la quarantena, continuano a stare bene. Consiglio loro di passeggiare nei nostri campi e di non uscire per evitare sanzioni. In verità appoggiato alla finestra li vedo sorridere e camminare nel recinto lasciato libero da anni dal Malpasso, il nostro cavallo.

 

20 Marzo Continuo ad avere sintomi anche se sono sfebbrato. Comincio a eliminare una compressa, un risultato.

Conto i minuti per sapere se tutto procede e finalmente vedo mia figlia con l’alloro in testa dalla finestra per comunicarmi che si era laureata. Trattengo le lacrime perché appena rientra in casa le sento esplodere. Quel poco di aria che riuscivo a inglobare viene espulsa con un urlo soffocato pure lui dal cuscino.

Era un obiettivo che mi ero dato e che avevo raggiunto. Vivere fino ad oggi.

Quando mi viene da sbadigliare emetto un gemito senza scambio di aria con l’esterno. Sembra il soffio di un gatto.

Per il primo sbadiglio completo, quelli che ti rilassano, dovrò aspettare un paio di mesi.

 

21 Marzo I sintomi sono finiti anche se non respiro ancora. Mi sforzo con esercizi respiratori e la saturazione è più costante sebbene qualche ricorso all’Ossigeno.

Inizio ad avere desiderio di passare dalla spremuta a qualche cosa di più consistente. Gino, che mi ha chiamato prima e dopo ogni intervento chirurgico, prima e dopo essersi alzato da letto e ad ogni pasto mi sprona a sforzarmi.

Esprimo i miei desideri e comincio con una cosa che non avrei dovuto mangiare: un pezzo di torta salata ligure. Mi pento subito dopo ma mi convinco che se anche fosse stata una minestrina con le stelline o una purea di patate sarebbe stata la stessa cosa. Baro con me stesso, ma chi mi frega più?

 

22 Marzo Riprendo dal tablet un libro che ho iniziato a scrivere che inizia raccontando del felice periodo in cui sono nato. Rileggo alcuni passi e mi accorgo che oggi scriverei diversamente tutto ciò. Vedere la morte aiuta a comprendere meglio la vita. Non lo auguro a nessuno, se non a pochi, ma mi sento rinascere, comprendo che non sarò più la stessa persona, anche nel fisico. Insisto per l’ultima volta per avere cortisone ma mi sono stancato di insistere. Mi rassegno al mio ruolo di paziente dimenticato da tutti, visto che a me il tampone non spetta. Lo ha fatto quello che abbracciava un cinese, che poi si è beccato il Covid 19 guarendo subito, un paio di calciatori ma io no. Perché? Semplice, non ho fatto il Triage. Ecco ritornare il mio male oscuro, quello che tutto divora e imbratta: la BUROCRAZIA. C’ag gnis sentmila cancher ( Cit )

 

23 Marzo Capiscono in casa del mio miglioramento perché sentono che m’incazzo.

Pazienza la TAC, nemmeno un tampone? Insisto con il medico fino a convincerla ad inviare una PEC. Voglio sapere, sono diversi giorni che sono sfebbrato e non ho più i sintomi e tra poco vorrei almeno uscire al sole per qualche ora. Non pronuncio la frase tipica degli arroganti “ Lei non sa chi cono io “ perché non sono nessuno ma mi limito a far capire che non sono un ciarlatano come quelli in TV ma un medico, anche se veterinario e non vorrei infettare nessuno, visto che ho esigenza di tornare al lavoro. Mai come oggi capisco che di virus ne sappiamo più di tanti pseudo scienziati televisivi sempre più da operetta.

 

24/25/26 Marzo Lo trascorro ancora in camera senza uscire. Sono in prossimità di fine quarantena e mi ostino ad avere il tampone. Al medico che insiste nel dire che faccio senza perché sto finendo la quarantena mi oppongo con decisione ma non ottengo nulla. Non dipenda da lei. In Italia non dipende mai da nessuno ma tutto dipende da un altro che, stipendiato, non esiste.

 

27/28/29 Marzo. Continuo la quarantena. Riesco a fare qualche passo per la camera e l’uso della toilette non è più un incubo. Mangio qualche cosa su richiesta ma mi pento subito perché il peso sullo stomaco mi accompagna tra un pasto e l’altro. Respiro ancora male e ho difficoltà a deglutire, figuriamoci a sbadigliare. Emetto un suono stridente a cui non riesco ad abituarmi e impreco.

 

30/31 Sono trascorse quasi tre settimane, sono stanco di rimanere in camera al sorgere e al calare il sole in solitudine. Ho quotidianamente una catena infinita di messaggi a cui rispondere. In un altro momento avrei fatto dei copia-incolla e invece rispondo ad ognuno personalmente. Sento molto affetto da parte di tutti.

Un gruppo di ex fidanzate partecipa ad una chat. Brutta idea perché cominciano a parlare tra loro per prendermi in giro fino a quando si accorgono di qualche periodo concomitante. Sento meno affetto dai loro messaggi. Dovessi morire non credo verrebbero tutte al funerale. Le donne sono così: non si piegano nemmeno davanti alla morte.   

 

1/2/3/4 Aprile Nei momenti in cui sono solo e garantendo un buon distanziamento inizio a girare per casa. Sono oltre la quarantena e la fase di replicazione virale è terminata se solo avessi la possibilità di un tampone mi muoverei più a mio agio. I virus che mi hanno contagiato e si sono replicati su di me non hanno fatto danni ad alcuno, sono stati fermati e pure i miei familiari ne sono indenni. Esco a fare una camminata nelle ore più calde ma è una scalata. Rientro soddisfatto ma esausto, vedo la mia famiglia che a tavola mangia, io mangio ancora solo. Mi attrezzo di una visiera e per fortuna la scorta di mascherine della clinica è ancora abbondante. Sul territorio nazionale sono introvabili mentre i coglioni che dicono che non servono abbondano.  

 

1/Aprile Finalmente festeggio la laurea di mia figlia, siamo fuori sotto al portico, siamo ancora a distanza ma mangiamo insieme. L’autonomia è buona anche se raccogliere una cosa da terrà è uno sforzo tremendo che devo compensare stando seduto diversi minuti. Domani inizio a lavorare qualche ora e se da una parte sono sollevato dall’altro mi preoccupo. 

Non nascondo la mia malattia, come alcuni hanno fatto e presto fa il giro dei conoscenti. Mi chiamano tanti, anche persone con cui avevo interrotto i rapporti e questo mi gratifica. 

 

10 Aprile. Cedo al Sistema, chiedo una raccomandazione e ho il tampone. Ho difficoltà ma la minaccia di portare qualcuno sul giornale convince. Mi dicono due giorni per la risposta. Dopo 24 ore chiedo ma nulla. Colui che mi ha raccomandato mi da un indirizzo mail dedicato. Scrivo ma nulla. Dopo due giorni  rispondono alla prima mail, la seconda era piena d’insulti. Mi chiedono i documenti per essere sicuri che i risultati vengano dati a me ma arriveranno solo dopo altri due giorni. Sono sei giorni dal tampone.

Infine il Medico curante riesce anche a procurarmi una TAC e ho nella Dottoressa Alfieri un bravo medico che finalmente mi dà il cortisone. Trattiamo sul dosaggio che sposto con argomenti convincenti da 100 a 30 mg. Basteranno.

Dopo due giorni sono un altro, respiro a pieni polmoni, riesco a camminare e pure a correre. Faccio una corsa andando al massimo con il rischio di cadere e sono felice ma allo stesso tempo quando vedo qualcuno che sta male o che è ricoverato provo profonda compassione e gli occhi si riempiono ancora. 

La seconda TAC dice che sono guarito. 

Vado in vacanza e al primo tuffo in acqua, nel tempo di risalire e respirare mi dico cose che terrò per me.

 

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