domenica 16 novembre 2008

Attività Sindacale: proposta BSE

il S.I.Ve.L.P. (Sindacato Italiano Veterinari Liberi Professionisti) per rispondere in modo responsabile al ruolo di cerniera tra la Sanità pubblica e gli allevatori, nel rispetto delle esigenze sanitarie e dei legittimi diritti degli allevatori, ritiene opportuno proporre una ipotesi di soluzione che permetta alla veterinaria italiana di reggere in modo efficace le radici delle problematiche relative all'Encefalite Spongiforme Bovina che hanno assunto un carattere di una vera e propria catastrofe nazionale.
Si prega di dare il massimo appoggio a questa iniziativa che è frutto di elaborazioni congiunte dell'intera filiera e, assieme all'ipotesi di test rapido obbligatorio per tutti i capi bovini con età superiore ai trenta mesi, può essere risolutiva per la sconfitta della BSE nel nostro Paese.
Distinti saluti
Il Segretario Nazionale Vicario S.I.Ve.L.P.
Dott. Alberto Schianchi

CONSIDERAZIONI SULLE PROBLEMATICHE APPLICATIVE RELATIVE AL D.M. 7 GENNAIO 2000 ED IN PARTICOLARE ALL’ART.13

Gli allevatori sono i primi ad essere interessati ad un rapido chiarimento della situazione.
Gli allevatori non hanno nessun interesse ad evitare i test sui bovini abbattuti oltre i 30 mesi ed eventualmente destinati alla distruzione.
Gli allevatori sanno di poter essere accusati di aver voluto nascondere responsabilità se accettano o se sono spinti ad accettare, come vedremo dopo, la distruzione senza test.
I test non garantiscono la salubrità della carne ma l’identificazione dei capi positivi (AL TEST).
La salubrità delle carni viene garantita solo ed esclusivamente dalla corretta macellazione ed eliminazione degli organi specifici a rischio (MSR).
I test permettono di risalire quindi alla mandria e alla stalla di origine o di transito del capo.
I test hanno quindi la sola valenza di identificazione a fini epidemiologici. Le stalle di provenienza dei bovini positivi (AL TEST) devono essere, al primo sospetto, identificate e verificate in tutte le loro connessioni commerciali e non.
I test rapidi sono stati concessi per rispondere all’esigenza della macellazione industriale (rapidità) a condizione che non dessero falsi negativi (rispetto ai test classici, lenti per le esigenze del processo industriale) ma che dessero il minor numero possibile di falsi positivi, fatta salva quindi in modo assoluto la prima condizione. L’obbligo di verifica con il metodo classico o altri di conferma nasce da questa caratteristica iniziale di ipersensibilità voluta dai validatori. L’individuazione di falsi positivi è quindi la conferma che il laboratorio funziona e non che è inefficiente.
Bisogna comunicare all’opinione pubblica che l’evidenziazione dei casi di positività non è sintomo di disastro, ma di ritrovata efficacia del sistema sanitario. Con l'impiego di test sempre più precoci si arriverà ad eradicare il fenomeno BSE.
LA BSE NON SI TRASMETTE FRA ANIMALI CHE VIVONO ASSIEME E QUINDI NON E’ UNA MALATTIA CONTAGIOSA O INFETTIVA IN SENSO CLASSICO.
LE TECNICHE DI STAMPING OUT EFFICACI PER L’AFTA SONO TECNICAMENTE IMPROPONIBILI PER LA BSE, NON PER IL COSTO MA PER L’INEFFICACIA.

I test rapidi per la diagnosi di BSE vengono attualmente applicati ai bovini con età superiore ai 30 mesi destinati al consumo, ai capi sospetti morti in azienda, agli animali abbattuti d’urgenza e a quelli macellati di necessità. Il test rapido, date le sue caratteristiche intrinseche di ipersensibilità, determina delle percentuali variabili di falsi positivi. Per questo motivo, i campioni risultanti positivi al test rapido Prionics vengono successivamente inviati al Centro di Referenza Nazionale di Torino per test di conferma. Le misure preventive in caso di positività al test Prionics prevedono il sequestro cautelativo degli animali in stalla e l’avvio di un’indagine epidemiologica al fine di identificare i fattori di rischio presenti nella mandria di appartenenza del capo positivo. Al riscontro di positività del test istologico di conferma, tali misure vengono completate con quanto previsto dall’art. 13 del D.M. 07/01/2000 ovvero l’abbattimento dell’effettivo di stalla, a meno che non si prefigurino le ipotesi previste dal comma 6.

LE CONDIZIONI PREVISTE PER IL COMMA 6 NON SONO ANCORA STATE DEFINITE.
IN ASSENZA DI PROCEDURE DEFINITE SI CORRE IL PERICOLO DI CREARE PRECEDENTI PRIVI DI BASE GIURIDICA.

Il decreto sopraccitato, tra l’altro, è nato sulle indicazioni fornite dalla Decisione della Commissione 96/272 del 23 aprile 1998. (vedi nota 1)
Proponiamo che, sulla base di nuove conoscenze acquisite, si definisca l'operatività di abbattimento o altre misure idonee, nell'ambito di criteri chiari ed efficaci. Si propone, nella fattispecie, uno schema di abbattimento limitato e selettivo in grado di garantire comunque l'efficacia della norma sanitaria sul controllo della malattia.
Nell’incontro svoltosi il 14 e 15 settembre 2000 il Comitato di Valutazione Scientifica (SSC) ha elaborato un parere sugli abbattimenti BSE.
Secondo tale parere, molto articolato, dal punto di vista epidemiologico, l’abbattimento secondo coorti di nascita rappresenta nella maggioranza dei casi l’approccio più appropriato in relazione al costo/beneficio.
Il decreto 07/01/2000 non ha potuto sviluppare il punto 6 dell’art. 13 proprio per carenza delle basi tecniche che questo studio propone.
L’abbattimento selettivo per coorti di età e per coorti verticali si dimostra essere almeno altrettanto efficace dell'abbattimento totale.
L’abbattimento totale è l’incubo che terrorizza gli allevatori italiani e li induce a rifiutare la razionalità.
La proposta tecnica che noi portiamo prevede: la razionalizzazione dell’approccio al problema abbattimento nell’ambito della problematica BSE e nel rispetto degli obiettivi sanitari e la riapertura di un rapporto fra istituzioni ed allevatori.
L’identificazione degli animali proposti per l’abbattimento secondo la coorte di alimentazione è spesso impossibile perché l’alimento potenzialmente contaminato, nella maggior parte dei casi, non può essere identificato in modo sicuro e comunque potrebbe aver costituito l’alimento per molte altre mandrie (paradosso belga).
La durata di questa contaminazione è in relazione all’operatività dei fornitori di prodotti e sottoprodotti, i sistemi di produzione dei mangimifici, e le modalità di distribuzione degli alimenti potenzialmente contaminati e, a distanza di anni, quando iniziano i sospetti, è ben difficile trovare riferimenti certi.
Per i motivi summenzionati si chiede venga finalmente espresso quanto previsto al comma 6 dell’art. 13 del D.M. 7 gennaio 2000, alla luce della nuove considerazioni introdotte dalla SSC (nota 2), con la consapevolezza che, al di là dell’abbattimento di qualche mandria a scopo conoscitivo generale, tale misura non possa essere a lungo sostenuta dal punto di vista tecnico-scientifico ed eventualmente dal punto di vista della spesa.
Sembra giunto il momento, dopo l’eccessiva emotività creata dagli errori di comunicazione che il problema BSE ha evidenziato, di passare ad una proposta che valorizzi il comune interesse di consumatori, produttori e tecnici di togliere ogni ostacolo reale o fittizio ad un chiarimento definitivo della problematica e che si articoli su 3 punti chiave:
- tutti i bovini oltre quelli già legalmente previsti, compresi quindi tutti quelli di oltre 30 mesi, le cui carni sono eventualmente destinate all’incenerimento, siano sottoposti ai test più efficaci attuali e futuri;
- i dati di sospetto e positività siano “blindati” e sia sanzionata in modo pesante la fuga di notizie (anche civilmente);
- abbattimento selettivo con obiettivo primo l’efficacia sanitaria, non l’apparenza;
- adeguato indennizzo al produttore a valori di sostituzione.
Per quanto riguarda il settore ingrasso, fatte salve diverse evidenze, si ritiene che la mandria effettiva del bovino positivo sia quella in cui lo stesso è nato e che la mandria stessa debba essere identificata attraverso l'anagrafe bovina.

Nota 1
La Decisione 96/ 272 all’articolo 3 prevede che agli animali recanti sintomi clinici tali da far sospettare un’encefalopatia spongiforme trasmissibile va applicata una limitazione ufficiale di movimento, in attesa dei risultati di un’indagine clinica ed epidemiologica effettuata dall’autorità competente.

Qualora l’autorità competente stabilisca di non poter escludere la possibilità di BSE (TSE), il bovino viene abbattuto ed il suo cervello e gli altri tessuti indicati dall’autorità competente sono rimossi ed inviati al laboratorio riconosciuto affinché siano effettuate le analisi per accertare la presenza di EST secondo i metodi descritti all’art.5.
La carcassa ed i rimanenti organi interni restano sotto controllo ufficiale fino al momento in cui interviene la diagnosi o fino a quando la carcassa è distrutta conformemente a quanto previsto dall’art. 4 della decisione 97/534/CE.
La Decisione CE 374/00 che modifica la decisione precedente non apporta ulteriori cambiamenti agli articoli precedentemente visti e non codifica alcun sistema di abbattimento delle mandrie ove si verifichino casi di positività.
La Decisione CE 764/00, allo stesso modo non apporta modifiche, per cui attualmente nel nostro Paese sono in vigore misure che prevedono un sistema di abbattimento di tutto l’effettivo Art. 13 del D.M. 7 gennaio 2000, con la sola deroga, comma 6) di limitazione dell’abbattimento limitato agli animali che hanno condiviso con quelli infetti i medesimi fattori di rischio per BSE. La deroga può essere concessa previo parere favorevole del Ministero della Sanità ed in ogni caso l’azienda deve essere sottoposta ad una specifica sorveglianza.

Nota 2
Opinion of the Scientific Steering Committee on BSE
–related culling in Cattle (SSC 14 – 15 Sett. 2000)

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