mercoledì 10 novembre 2010

anagrafe


Plaudo all'iniziativa di ANMVI sull'anagrafe felina per due motivi. Primo perchè dimostra che è possibile un'anagrafe privata, secondo perchè accessibile ai veterinari che sono iscritti. Nulla di più odioso dover rispondere a chi rinviene un cane o un gatto che il microchip è leggibile ma non si può risalire al proprietario fin quando il comune non apre lo sportello al pubblico. Magari dopo diversi giorni.
Allo stesso modo quello che avviene, sebbene senza il carattere d'urgenza e di pubblica sicurezza, per un allevatore che, dovendo vendere per 50 euro un vitello, generalmente maschio, deve andare all'ASL con la cedola, passare la settimana dopo per ritirare il passaporto e ritornare dopo una settimana ancora a consegnare il fantomatico foglio rosa, il Mod. 12. E l'ASL non è sempre dietro l'angolo.
Forse se ad occuparsi di noi fosse il Ministero dell'Agricoltura, come felicemente avviene in altre nazioni, avremmo fatto a meno anche di quello della Semplificazione.
Se è vero che la veterinaria pubblica guarda al consumatore mi si spieghi come mai si assiste al proliferare di costose cliniche veterinarie pubbliche che si occupano di pets. Questi non sono consumatori e fuori dalle stanze dell'ASL non ci sono file da cui la necessità dell'intramoenia. E come mai questa disparità di trattamento tra un proprietario di cani e gatti e quello di vitelli? Cui prodest? Sicuramente non alle casse pubbliche.

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